Durante la pandemia il “lavoro agile” ha salvato l’impiego, e forse anche la vita, di tantissime persone. Si tratta di un fatto assodato, di un discorso abusato, di una pagina di storia contemporanea destinata a diventare leggenda. Eppure, quella che doveva essere una rivoluzione irreversibile, adesso invece sta tornando sui suoi passi. Ci si domana quindi se davvero lo Smart Working è morto. Proviamo a rispondere nel modo più chiaro possibile e a fare il punto.

Lavoro agile: è stato bello ma…

Se l’emergenza da Covid19 fosse esplosa 10 o 15 anni prima, senza le tecnologie e le infrastrutture digitali di oggi, il danno economico sarebbe stato incalcolabile. Inoltre il lavoro da remoto ha attenuato pure il fenomeno delle Grandi Dimissioni. Infatti molte persone, grazie ad esso, hanno raggiunto o riacquistato, un miglior equilibrio tra vita privata e professionale. Tuttavia la normalità sta riportando tutti con i piedi per terra, e soprattutto in ufficio. Quindi lo Smart Working è morto? Secondo i dati dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), gli smart workers nel 2019 erano circa mezzo milione. Nel 2020 sono saliti a 6 milioni e mezzo, poi scesi a 5 milioni nel 2021 e 3 milioni e mezzo nel 2022. Se non è finita di certo il vento è cambiato.

Cosa cambia in Italia dal 1 luglio

Proprio in questi giorni è al vaglio la decisione del Governo per i lavoratori statali. Salvo quindi cambi di rotta, dal 1 luglio 2023, per gli operatori del pubblico impiego lo Smart Working è morto “legalmente” stavolta. Per i dipendenti privati, i fragili e i genitori di figli under 14, c’è la proroga fino al 31 dicembre. Lo stabilisce l’emendamento del DL Lavoro approvato dalla Commissione Affari Sociali del Senato.

Perché lo Smart Working è morto, anzi ferito

Per le grandi company multinazionali lo Smart Working è morto. Non a caso  richiamano in sede i propri dipendenti. La chiavi di lettura e i nodi da sciogliere sono:

Produttività. Il lavoro a distanza sembra ridurre la produttività. Infatti la presenza in ufficio stimola la competitività tra colleghi, la creatività e lo scambio di idee più rapido e funzionale di una call.

Socialità. Il confort di svolgere le proprie mansioni da casa alla lunga implica isolamento. Ha quindi serie ripercussioni sull’umore e sul mantenimento di sani rapporti con il team e la comunità.

Lavoro femminile. La lontananza dalla scrivania rallenta i percorsi di carriera delle donne. Durante il periodo pandemico le loro prospettive di carriera hanno subito un duro colpo.

Quindi lo Smart Working è morto? Diciamo che è ferito gravemente. Ci sono anche tanti vantaggi, come il già citato worklife balance. Inoltre, le attività a distanza rappresentano pure un vantaggio in termini economici ed ecologici. In pratica, meno spostamenti vuol dire meno spesa logistica e meno emissioni Co2. Al di là di statistiche e sondaggi, la soluzione è un’evoluzione ibrida del lavoro, tenendo in considerazione quelli che sono i veri bisogni delle persone.

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