Sempre più recruiters, e quindi sempre più aziende, prestano attenzione alle competenze trasversali nella ricerca e sviluppo del personale. Infatti la preparazione tecnica è essenziale per effettuare un lavoro. Tuttavia, elementi come adattabilità, capacità di ascolto o problem solving sono funzionali per svolgerlo in modo efficace. In pratica questi due ambiti devono esserci entrambi e alimentarsi l’un l’altro. È molto facile inserire delle soft skills nel cv, più difficile invece è dimostrare di possederle davvero. Come convincere il selezionatore di avere ciò che serve e di saperlo usare quando occorre? Arriva alla fine del’articolo e saprai come comportarti.

Se l’azienda “non lo sa” diglielo tu

Nell’approcciarci al mondo affascinante delle competenze trasversali, bisogna fare una premessa essenziale. Non tutte le realtà aziendali le cercano o sanno di cosa si tratta. Ok, la tendenza va in questa direzione, però non dimenticare che tantissime imprese hanno ancora dinamiche all’antica. In sostanza in molti ambienti di lavoro conta saper fare quello per cui ti pagano. Poco importa se sei dotato di empatia, se sai lavorare in squadra e conosci l’importanza della comunicazione non verbale. In questi casi, aggiungere soft skills nel cv sarà solo qualcosa di “accessorio”. Dunque le opzioni sono due: o ti rassegni e tieni per te le tue abilità, o le fai notare, le valorizzi e fai anche capire perché possono tornare utili a chi sta valutando di assumerti. Dipende quindi un po’ dalle tue esigenze e dalla tua voglia di metterti in gioco.

Lo storytelling al servizio delle soft skills nel cv

Hai menzionato alcune soft skills nel cv, e hai fatto benissimo. Adesso però come fai a provare di avere quelle abilità? Le competenze trasversali non si certificano come un diploma, una laurea o un corso di formazione. La soluzione è dunque descrivere le tue capacità in modo credibile grazie ad uno storytelling efficace. Per farlo devi fare degli esempi concreti in cui queste doti sono state preziose, e in che modo. Attenzione perché l’errore è sempre dietro l’angolo. Nel dettaglio, parla sempre di esperienze di gruppo, e non essere troppo autoreferenziale. Sarebbe strano se tu fossi l’unico protagonista mentre racconti del successo raggiunto grazie al teamworking, giusto?

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