La percentuale resta tristemente stabile: sono ancora tanti, forse troppi, i laureati al sud che vanno via dai loro territori per poter iniziare una carriera in linea con le proprie aspettative. A dirlo è il periodico rapporto dello Svimez che, pur segnalando una crescita di Pil nelle regioni del Mezzogiorno, restituisce un dato ancora importante per quanto riguarda l’emigrazione dei cervelli.

Il rapporto Svimez sull’economia e il lavoro

Il rapporto Svimez parte da un dato di progressivo miglioramento per quello che riguarda il Pil delle regioni del Sud. Che cresce, anche a ritmi sostenuti, tenendo il passo con le regioni settentrionali. Il motivo principale sono i fondi e i progetti che ruotano intorno alle misure del PNRR. 

Ma c’è l’altro lato della medaglia. Quello che riguarda i laureati al sud. O meglio, dei laureati della Campania. Ancora oggi, infatti, il 25% dei giovani campani che hanno appena terminato il loro percorso di studi si dirige al Nord per iniziare la propria carriera.

Questo accade soprattutto in alcuni settori:

  • materie scientifiche
  • tecnologia

dove i giovani vanno al Nord per avere un “lavoro qualificato”.

La condizione dei laureati al sud negli ultimi 20 anni

Il rapporto Svimez sui laureati al sud analizza anche la condizione dei giovani negli ultimi 20 anni. Dal 2001 i giovani che, dal Sud, hanno lasciato la loro terra sono stati oltre 460mila. Con un incremento costante del 30% di giovani che, ogni anno, se ne sono dovuti andare pur di trovare un lavoro adeguato.

E adesso, invece? Adesso, per i giovani che restano al sud, paradossalmente c’è lavoro. E ce n’è sempre di più. Dal periodo pre-pandemico ad oggi, infatti, l’occupazione è cresciuta, soprattutto per quanto riguarda il numero di contratti a tempo indeterminato, che sono cresciuti al Sud. 

Il settore trainante? Il turismo.

I numeri del lavoro al Sud

In base alle stime Svimez sono circa 3 milioni di lavoratori dipendenti al di sotto dei 9 euro di retribuzione oraria in Italia. Di questi circa un milione sono nel Mezzogiorno dove la loro quota raggiunge il 25,1% degli occupati dipendenti, oltre uno su quattro. E questa condizione riguarda anche i laureati al sud.

Anche la perdita di potere d’acquisto interessa soprattutto il Mezzogiorno in Italia così come il lavoro povero. Nel 2022 le retribuzioni lorde in termini reali sono di tre punti più basse nel Centro-Nord rispetto al 2008; nel Mezzogiorno di dodici punti.

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