Passare da un lavoro all’altro come leva per migliorare il proprio trattamento salariale? Il 64% dei lavoratori americani praticano il job hopping.

Ma di cosa si tratta?

Job hopping letteralmente significa “saltare da un lavoro all’altro”.

Un fenomeno arrivato in Europa negli ultimi anni che coinvolge soprattutto i millennials, la generazione dei nati tra i primi anni 80 e il 2000.

Instabili, insofferenti alle regole e anche più sognatori, secondo il Bureau of Labor Statistics, cambiano professione in media ogni quattro anni.

Si pensi che solo 3 giovani su 10 si sentono connessi a livello emozionale e alla propria realtà lavorativa, mentre il 55% prova disaffezione verso la propria occupazione.

Ma è un bene o un male?

Come viene considerato chi pratica il job hopping?

Scopriamolo!

I vantaggi del job hopping

Cambiare percorso di carriera sicuramente può far paura e implica delle valide ragioni, ma non è sempre controproducente come si crede. Quando si trova un lavoro più stimolante, in una realtà che punta alla crescita dei dipendenti, cambiare lavoro può essere la scelta vincente.

Tra gli aspetti positivi del job hopping vi è sicuramente la possibilità di ampliare le proprie competenze ma non solo questo. Vediamo insieme gli altri vantaggi.

AMPLIARE I PROPRI CONTATTI: interfacciarsi con realtà diverse, permette di creare un network di conoscenze. Questo può essere vantaggioso sia per il lavoratore che per l’azienda che lo assume;

SVILUPPARE NUOVE COMPETENZE: ricoprire lo stesso ruolo all’interno di aziende differenti significa familiarizzare con altri processi. Avere quindi la possibilità di applicare nuove tecniche e sperimentare un nuovo modo di svolgere quel determinato compito;

AUMENTARE IL PROPRIO SALARIO: l’acquisizione di nuove competenze spesso porta ad uno stipendio in media migliore rispetto a chi da sempre lavora nella stessa azienda;

DARE UN NUOVO IMPULSO ALLA CARRIERA: fare carriera all’interno della stessa organizzazione è spesso un percorso lungo e complesso. In molti casi il cui successo non dipende soltanto dalle proprie capacità ma anche dalle possibilità

CONOSCERE NUOVE CULTURE AZIENDALI: sperimentando diverse aziende il job hopper apprende le modalità operative di più aziende. E, cosa non trascurabile, può dimostrare la propria capacità di adattarsi a molteplici culture organizzative.

Quali sono gli svantaggi del job hopping

La frequenza ravvicinata con cui si cambia lavoro è senza dubbio un’arma a doppio taglio. Se, da un lato, dà l’idea di una persona motivata, flessibile e adattabile; dall’altro non dà molte garanzie al datore di lavoro sul piano della fedeltà aziendale 

I rischi ci sono e bisogna considerare una serie di aspetti. Analizziamoli!

Ultimo arrivato, primo a lasciare

Spesso essere gli ultimi ad entrare in un’azienda già ben avviata, può voler dire essere i primi da sacrificare in caso di riduzione del personale. In questo caso le aziende sono più propense a tenere i dipendenti più esperti e di cui conoscono il rendimento, rispetto ad un nuovo arrivato.

Cambia spesso lavoro, sarà inaffidabile?

Purtroppo, che lo si voglia ammettere o no, questa è la domanda che si farebbe ogni selezionatore di fronte al curriculum di uno job hopper. Cambiare frequentemente lavoro può significare, o comunque far credere, che sussista un problema con l’impegno.

Ovvero, che non si ha voglia di impegnarsi nel lavoro per cui, quando le cose si fanno difficili, si molla e si cambia. C’è quindi il rischio di essere considerati meno affidabili di quello che si è in realtà.

La lealtà conta

Proprio a riprova di quanto detto, spesso chi pratica il job hopping parte svantaggiato rispetto ad un altro potenziale candidato. Questo perché dimostra di essere, in termini lavorativi, meno stabile e meno leale nei confronti delle aziende in cui lavora.

Il poco attaccamento all’azienda non è certo visto come un qualcosa di positivo. Bisogna sempre tener presente che le aziende effettuano un investimento sul personale. Soldi e tempo che devono tornare dal punto di vista della produzione.

Cambiare limita la crescita professionale

Cambiare spesso posto di lavoro significa anche non poter vedere i risultati di lungo termine di ciò che si è fatto. Questo, è comunque da considerarsi un bug importante nel campo dell’esperienza di lavoro, perché non sarà facile comprendere la correttezza o meno del proprio lavoro.

Ma come vivono il fenomeno le aziende?

I Millennials che praticano il job hopping lo fanno perché sono poco coinvolti e stimolati sul posto di lavoro. Il più delle volte anche poco affezionati alle aziende in cui lavorano.

Quando un’azienda ha di fronte un professionistia di talento, capace di portare un alto valore aggiunto, deve mirare a valorizzare la risorsa ed evitare che scappi.

Come evitare il job hopping dei talenti

Fondamentale è analizzare le motivazioni che spingono a praticare il job hopping. Studiare l’evolversi del mercato del lavoro, adottare nuovi provvedimenti e formulare progetti di crescita professionale, per preservare i giovani talenti assunti.

Il salario è sicuramente importante ma, per molti giovani, oggi gli aspetti emozionali e i nuovi bisogni giocano un ruolo rilevante.

Secondo una ricerca di Net Impact, il 58% degli intervistati sarebbero disposti a un taglio sulla busta paga, in cambio di un ambiente di lavoro vicino ai loro valori.

La socialità, un ambiente di lavoro stimolante e innovativo, un’azienda che persegua il proprio business in modo etico, sono bisogni che prendono sempre più piede rispetto alle motivazioni economiche.

Secondo Maurizia Villa, Managing Director e Country Chair di Korn Ferry in Italia, per trattenere i talenti in azienda “Non basta offrire una soddisfacente retribuzione. Il welfare aziendale è ugualmente importante: bisogna adottare politiche che sostengono l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, migliorando così il benessere dei dipendenti. Ed elaborare strategie premiali, che introducono benefit e riconoscimenti anche materiali collegati ai risultati raggiunti”

Job hopping: possibile anche in Italia?

Sembra scontato affermare che il job hopping funziona meglio nei paesi dove il tasso di disoccupazione è basso e l’offerta di lavoro supera la domanda.

Se pur può sembrare una scelta azzardata, anche in Italia il job hopping sta aumentando esponenzialmente e, sempre più giovani, decidono di fare un salto lavorativo.

Cambiare lavoro deve essere, però, una scelta fatta con consapevolezza, scrutando a fondo quelle che sono le motivazioni che spingono a questo desiderio di cambiamento.

Se è giusto aspirare a qualcosa di nuovo è anche vero che bisogna essere fermamente consapevoli di quello che si vuole dal proprio futuro lavorativo. Avere la tenacia e l’ambizione per raggiungere i propri obiettivi professionali.

Non è sempre facile, sopratutto se si è acerbi di esperienze o se si sta ancora in una fase di definizione della propria carriera.

Oggi però è possibile farsi aiutare da professionisti di settore, attraverso un orientamento specialistico e mirato al lavoro.

Si chiamano Career Supporter e aiutano ad acquisire maggiore consapevolezza nelle proprie competenze e a trovare opportunità di carriera in linea con il proprio profilo.

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