È la formazione continua la parola magica che il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, usa per indicare una delle strade per la ripresa economica.

Il presidente degli industriali italiani ha definito la necessità di costruire un patto sul lavoro assieme ai sindacati per due motivi fondamentali:

  • modificare e limitare l’uso degli ammortizzatori sociali, intesi come “parcheggio” dei lavoratori
  • e, soprattutto, continuare ad evitare i licenziamenti, come successo nel 2020.

Ma da cosa partire per costruire questo patto?

Il patto per il lavoro: spazio alla formazione continua

Come detto, sono tre i pilastri del patto per il lavoro proposto da Bonomi, e cioè:

  • la formazione continua
  • la sicurezza sul lavoro
  • e, infine, la regolamentazione dello smart working

La formazione continua, le Its e i fondi

Il presidente di Confindustria ha subito sottolineato come le aziende possano essere parte decisamente più attiva nel percorso di formazione dei lavoratori. Come? Ci sono due modi specifici:

  • investendo sui fondi interprofessionali, che attivano periodicamente delle misure rivolte alle aziende che formano i dipendenti
  • e rafforzando la partecipazione delle aziende nella rete degli Its, ovvero le Academy aziendali di alta formazione destinata ai giovani che vogliono specializzarsi su competenze altamente skillate.

La sicurezza sul lavoro

Il secondo pilastro del patto rilanciato da Bonomi riguarda la prevenzione sui luoghi di lavoro in termini di sicurezza. Come realizzarla? Attraverso piani e protocolli di prevenzione da attuare internamente in azienda.

L’idea di Bonomi è di creare delle commissioni interne paritetiche, formate da impresa e sindacati.

Lo smart working verso la definizione

Ultimo punto, ma solo in ordine di elenco, è la regolamentazione dello smart working, che comunque è connesso con la formazione continua dei lavoratori.

Per il presidente di Confindustria, la strada è quella di scrivere un protocollo congiunto tra imprese e sindacati da portare direttamente all’attenzione del Governo. Il motivo?

Il protocollo potrebbe tracciare le linee guida di realizzazione dello smart working, unendo le esigenze dei lavoratori a quelle delle imprese.

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